"E mentre stava lí a creare fosse e cunette si accorse di un solitario capello biondo posato sullo schienale del divano. Lo tirò su e l’osservò. Era biondo ma la base aveva due bei centimetri neri. La ricrescita. Cosí la furia umana si tingeva i capelli e neppure troppo di frequente. Scrutò con attenzione la fodera azzurra e si accorse che ce n’erano altri. Dovunque. O le aveva strappato i capelli a ciocche oppure lei soffriva di una forma particolarmente acuta e precoce di calvizie. Prese l’aspirapolvere e ne fece sparire un numero incredibile. Erano dappertutto e si mimetizzavano come crotali nella foresta. A un certo punto fu azzannato da un dubbio. Forse stava risucchiando anche i capelli di Mara? Anche lei era bionda. Bionda naturale però. Diabolica com’era, si sarebbe certamente stupita di non trovare piú capelli per casa. Che cazzata stava per fare. Corse in cucina, tolse il sacchetto dell’aspirapolvere, lo tagliò rovesciando il contenuto sul tavolo e diede il via all’ispezione. Separò dalla polvere i capelli con la ricrescita e quelli senza. Un lavoro minuzioso, ma alla fine ne aveva due mucchietti. Sparse quelli di sua moglie nei punti strategici dell’appartamento. Quando finí era mezzogiorno."
Un uccello molto serio
Recensione senza spoiler:
Titolo: Il momento è delicato
Autore: Niccolò Ammaniti
Anno di pubblicazione: 2012
Genere: Raccolta di racconti
Pagine: 370
Voto:
Questa raccolta di racconti ha visto la luce dopo anni e anni di insistenza da parte di Ammaniti che veniva rimbalzato dall'editore sempre con la solita scusa: "il momento è delicato".
Solitamente non leggo le raccolte di racconti, perché mi piacciono le storie che approfondiscono e sviluppano e mi coinvolgono ed è difficile fare tutto questo con un racconto di poche pagine.
Per dire:"Se una notte d'inverno un viaggiatore" è il mio incubo e dopo anni ancora mi sogno di notte quelle storie lasciate inconcluse sul più bello; epperò quel libro è anche tra i miei preferiti perché Calvino è riuscito nella difficile impresa di coinvolgermi così tanto nei vari racconti da farmi dimenticare che sarebbero presto finiti.
Ecco, Ammaniti ha fatto qualcosa di simile, anche se in un contesto completamente diverso: infatti "Se una notte d'inverno un viaggiatore" è delicato e magico quanto "Il momento è delicato" è sarcastico e violento.
Di storie ce ne sono per tutti i gusti: un fedrifago che cerca di nascondere la sua avventura alla moglie, una turista che vuole immergersi nella cultura indiana, un ragazzo che si dimentica di riportare le cassette da Blockbuster, un chirurgo tossico alla ricerca della droga che ha nascosto in una paziente, abitanti della Nebulosa del Granchio al Festival di San Geronimo.
Ce ne sono che durano un paio di pagine o una ventina, che fanno ridere sguaiatamente o con una risata amara, che fanno riflettere o che inquietano.
Le uniche cose di cui si può star certi, sono la brutale ironia dei personaggi e la violenza che sfocia spesso nello splatter:
"Non ho alcuna prova che Pietro Ruggero, il giovane architetto del terzo piano, sia il famoso killer delle ragazze che curano gli uffici stampa delle case editrici milanesi, ma non so perché ho la sensazione che sia proprio lui. Pensate se vivesse nel mio palazzo. Sarebbe bello.
Cresce, il ragazzo. Sta diventando importante, incomincia a essere considerato una star nella cerchia del nostro Paese. Qualcuno dirà che il sociopatico che ammazza quelli che vanno da Gigi Marzullo, o quello che ammazza i manager proprietari di HarleyDavidson, è piú famoso. D’accordo.
Ma anche Ruggero non è niente male. Veramente.
Io sono sicuro che è lui.
Una volta, per farvi un esempio, gli ho suonato a casa e quello ha aperto uno spicchio di porta, era nudo, la faccia congestionata, l’occhio acceso.
– Mi scusi, – ho detto. – Sono Riccardi…
– Riccardi?
– Riccardi. Antonio. Vivo al quinto piano. Mi scusi se la disturbo… Ho finito il limone. Sto preparando le scaloppine. Non ne avrebbe anche solo una fettina?
– No, mi dispiace. Sono a dieta. In frigo ho solo un paio di femori, una milza, due pancreas, un intestino, un feto di due mesi e uno yogurt Müller alle banane. Niente limone."
L’amico di Jeffrey Dahmer è l’amico mio
"Il ragazzo si guardò la spalla. Quella che spuntava fra i tendini e i muscoli e i pezzi di cartilagine doveva essere la sua clavicola. Lo scheletro umano lo conosceva bene, perché l’avevano rimandato in scienze per tre anni di seguito.
Che sensazione singolare, continuava a sentire il braccio al solito posto, addirittura gli pareva di poter stringere le dita eppure il gigante lo brandiva come una clava.
Che ci vuole fare?
La risposta gli arrivò subito quando venne colpito in faccia dal suo stesso bicipite per tre volte di seguito. Il primo colpo gli sfondò lo zigomo, il secondo gli fece esplodere un timpano e il terzo gli portò via il resto dei denti."
Giochiamo?
Le mie storie preferite sono quelle della raccolta "Rane e girini", i 6 racconti che Ammaniti ha inserito nel saggio In nome del figlio, scritto con il padre nel 1995: raccontano le storie di ragazzi qualunque, dal dodicenne al ventenne, esprimendo perfettamente il disagio della crescita e lasciando una terribile angoscia, in senso buono. Non so come sia possibile lasciare angoscia in senso buono, ma questi racconti sono la trasposizione perfetta di sentimenti che non ho mai saputo esprimere a parole e Ammaniti è riuscito a farmi commuovere senza farmi mai perdere il sorriso:
– Guarda che tuo padre ci rimane male se non vieni.
Come?! Mio padre ci rimane male? E io? E io non ci rimango male? Come mai il fatto che mio
padre ci rimane male è molto piú importante per te, mammina cara, del fatto che IO ci rimango male. Tu non ti rendi conto ma stai sbagliando. Sbagli da morire.
Tutto questo avrebbe voluto dirle, ma sentiva dentro un magone grosso che gli chiudeva la
gola, lo stomaco che gli faceva male e di nuovo voglia di piangere.
– Vattene. Vattene. Voglio stare solo.
– Guarda che le donne quando invecchiano a queste cose ci pensano… Tu non lo sai. Tu sei
troppo ragazzina… Hai un bellissimo corpo. Guardati. Tutti i ragazzi ti verranno dietro. Li ho visti come ti guardano. Non sarà sempre cosí. Vedi dopo che hai avuto un figlio…
– Io non voglio che i ragazzi mi guardino… – le disse Maria esitante. Odiava parlare di certe
cose. Soprattutto con sua madre.
– È normale. Sei bellissima.
Ora la signora Ricci si stava infilando il suo bikini leopardato. Sembrava soddisfatta.
– Vabbè, mamma, con te non si può parlare…
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